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La chiamavano

Occhi di ghiaccio

 

C’era, sul fianco della collina che sovrastava il paese, una villa isolata circondata da un parco ben curato. Ispiratrice inconsapevole di sogni e pettegolezzi la villa se ne stava là, avvolta nell’aura riservata alle cose misteriose e irraggiungibili.

Era sempre stata di proprietà di gran signori che non amavano la confidenza con il popolo e, per la gente, ormai era una specie di casa fatata, di luogo incantato, a dispetto di ogni precisazione o distinguo di quelli che si dicevano amici o conoscenti dei proprietari.

Non importava.

Erano cambiati i tempi, ma per la gente “Villa Paradiso” era la residenza privilegiata per pochi eletti.

Per questo, quando Laura era stata chiamata a prestare servizio lassù, quasi quasi non ci aveva creduto e aveva chiesto spiegazioni per ben tre volte, persuadendosi solo dopo aver sentito l’impiegato dell’agenzia spazientirsi:

“Insomma, signora, è lei che si è proposta come donna delle pulizie ed, eventualmente, baby-sitter. L’offerta è questa. Prendere o lasciare.”

Aveva accettato.

Nelle sue condizioni aveva poche scelte.

Franco era in missione, l’ennesima, anche se era riuscita a strappargli la promessa che sarebbe stata l’ultima.

“C’è il mutuo da pagare... no, no, non prendo rischi. Solo per stavolta… e poi è una buona occasione per far del bene.” Ed era partito.

Afganistan.

Prima c’era stato l’Irak e prima ancora il Kosovo.

Una vita a rischio, quella di Franco, con il sogno di tranquillità da vivere con Laura costantemente rinviato per imprevisti che sempre ne impedivano la realizzazione.