Giovanni Scanavacca
- Dettagli
- Categoria principale: L'Angolo dello Scrittore
- Categoria: Scrittore Giovanni Scanavacca
- Visite: 8874
Indice articoli
“Comincerò a lavorare anch’io. Deve finirla!” Si era detta lei, stufa della perenne attesa, del continuo timore sia di non sentire squillare il telefono, sia di sentirlo troppo presto.
Per fortuna c’erano le lettere a tenerle compagnia nei momenti bui.
“Ci si abitua a tutto, tranne che all’ansia.” Diceva spesso Laura. Per questo l’idea di lavorare, magari sfruttando la sua laurea in lettere, le era parsa buona e l’aveva portata ad avventurarsi su per la strada privata che portava al cancello di Villa Paradiso.
Subito dopo averlo varcato si era resa conto che, per una strana legge del contrappasso, là le cose erano assai differenti da ciò che l’immaginario popolare avrebbe voluto. Degli abitanti della casa per primo aveva conosciuto Ramirez, il cuoco, un sudamericano che, a volte, aveva visto aggirarsi per il paese e che tutto le ispirava fuorché fiducia. Non era andata meglio con la governante che l’aveva guidata con modi piuttosto bruschi dalla “signora”, la padrona di casa. A dire di lei molto più di ogni presentazione era bastato il soprannome che la servitù le aveva affibbiato “Occhi di ghiaccio”.
Laura si stava chiedendo quale necessità avesse quella donna di un’altra dipendente, ma Anna, “la signora”, la prevenne:
“Abbiamo richiesto la sua presenza perché Francesca, la nostra governante, ha deciso di lasciarci. Va da sé che il suo posto presto sarà vacante.” Spiegò. Uno sguardo alla faccia di Francesca fu sufficiente per intuire quali fossero le sue motivazioni.
Lì per lì Laura fu tentata di lasciare. Quell’ambiente non le piaceva: troppo snob la signora, troppo taciturni i dipendenti.
Poi, di colpo, decise di restare. Per sfida, forse. Per caparbietà, di sicuro.
Se fosse stata possibile un’analisi profonda del suo comportamento ne sarebbe emerso che quel suo voler restare a tutti i costi in quel luogo era il suo modo per essere vicina al suo Franco. Quella era la sua maniera di mettersi alla prova, di vincere la sua personale battaglia contro i sensi di colpa per aver permesso al marito di andare in missione ancora una volta.
Le bastarono due giorni per capire che là, nella casa sulla collina, c’era davvero un piccolo Afganistan.