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A casa sua Laura continuava a parlare da sola e la lettera di Franco era sempre là, sul tavolo della cucina ad attenderla:

 

Credo ti faccia piacere sapere che sono riuscito a combinare un trasferimento per Yusuf, uno dei nostri bambini. È talassemico. In Italia si può curare, forse potrà fare un trapianto di midollo, anzi, ne sono quasi certo. Per sveltire il tutto ho dato la disponibilità ad alloggiare lui e sua madre a casa nostra, per il tempo necessario ai primi accertamenti. Arriveranno circa il venti del mese prossimo. Spero di non crearti troppo disagio, ma forse un po’ di “movimento” ti farà piacere...”

 

Laura rilesse quel passo tre volte. Per il suo desiderio di far durare la lettera il più a lungo possibile, non l’aveva letto subito. Era già il diciotto. L’aereo sarebbe arrivato meno di quarantotto ore dopo. Franco non sapeva di Villa Paradiso, doveva essere una sorpresa: una rata di meno del mutuo è sempre una bella sorpresa e ora bisognava rinunciare. Senz’altro Franco aveva già fornito tutti i dati al comando per far arrivare quel bambino e, dal comando, di certo si sarebbero fatti vivi. C’era poco tempo.

Per questo Laura non si spaventò quando sentì il telefono: “Ministero della difesa.” disse una voce.

“Sì, so tutto. Cosa devo fare?” Rispose Laura.

“Come? Come fa a sapere?”

“Franco mi ha scritto...”

“Ah sì… purtroppo signora, non è di quello che le dobbiamo parlare. Questa è l’unità di crisi. Suo marito e alcuni altri suoi commilitoni sono caduti in un’imboscata. Pensiamo sia stato rapito, ma non abbiamo dati precisi.”

Laura dovette sedersi. Il tavolo, le sedie, le finestre della stanza, tutto si annebbiò e cominciò a girare.

“Signora, signora!” Urlava la voce al telefono: “Abbiamo avviato tutte le procedure...”

Poi, di colpo, come le capitava spesso nelle situazioni difficli, Laura si riscosse e prese la sua decisione:

“Quel bambino deve arrivare entro quarantotto ore! Qui doveva arrivare e qui lo dovete far venire!”